Quando il Calendario Non Conta. Giorni Festivi e Vita da Imprenditore.

Il calendario segna chiaramente i giorni di lavoro e quelli di riposo. Per molti, i giorni festivi sono attesi come momenti di pausa e di distacco totale dalle responsabilità lavorative. Ma quando sei un imprenditore, la realtà è spesso ben diversa.

Per chi gestisce una propria attività, i confini tra giorni lavorativi e festivi possono sfumare fino a diventare indistinguibili. Mentre la maggior parte dei dipendenti pianifica come spenderà il proprio tempo libero, molti imprenditori non si accorgono neppure del passaggio da un giorno lavorativo ad uno festivo (Hello… it’s me)
Il flusso incessante di responsabilità e scadenze non conosce pause, guidato da una passione e da un impegno che non badano al calendario.

Il venerdì, per esempio, per molti è il segnale che la settimana lavorativa sta finendo e che il weekend sta per iniziare. Negli uffici si respira un’aria più leggera, le conversazioni diventano più distese ed i piani per il dopo lavoro più eccitanti. Ma per un imprenditore, il venerdì è spesso solo un altro giorno nel ciclo continuo del lavoro.

Nella mia esperienza, il calendario appeso alla parete dell’ufficio è ormai un pezzo decorativo. Le mie settimane non sono scandite dai giorni festivi o dai fine settimana, ma dai progetti, dalle scadenze e dagli obiettivi a lungo termine. Credo sia così quasi per ogni imprenditore, soprattutto quando l’attività richiede una costante programmazione di eventi.

Questa incessante dedizione può sembrare opprimente per alcuni, ma per noi imprenditori è il carburante che alimenta la nostra esistenza. Lo so, pare follia… e forse lo è.

Tuttavia, è fondamentale riconoscere l’importanza del riposo e dell’equilibrio tra vita professionale e personale. Per ricordarmi questo concetto devo star li a ripeterlo come un mantra, perché pare che anche noi abbiamo bisogno di ricaricare le energie e dedicare tempo agli interessi personali. Così ho letto da qualche parte (LOL)

Quindi caro collega imprenditore, riflettiamo insieme su come stiamo gestendo il nostro tempo. È essenziale trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata. Non lasciamo che i giorni festivi passino inosservati solo perché il lavoro chiama. Ricordiamoci che il benessere personale è cruciale quanto il successo professionale. Ma io e te lo sappiamo… essere imprenditore significa spesso lavorare quando gli altri riposano, ma ogni tanto può anche significare che riposiamo mentre gli altri lavorano… però sto benedetto riposo, concediamocelo.

Stesso risultato, diversa percezione. Lezioni dal Calcio per il Mondo Aziendale.

14 aprile, Inter vs Cagliari 2 a 2
19 aprile, Cagliari vs Juventus 2 a 2
Stesso numero di goal, stessi punti portati a casa, eppure nella prima situazione il tifoso del Cagliari ha goduto come se avesse portato a casa i 3 punti, mentre nella seconda, l’ha vissuta quasi come una sconfitta. Perché accade questo? E perché ne “parlo”? Perché la mente umana è curiosa, siamo essere strani. Trasferiamo questo concetto nella vita professionale.

Nel mondo del calcio, così come in quello del lavoro, la percezione del successo o del fallimento può essere fortemente influenzata dalle aspettative iniziali. Prendiamo, ad esempio, una partita in cui la tua squadra del cuore è in vantaggio 2 a 1 fino al novantesimo minuto, ma concede un gol all’ultimo secondo (magari un autogoal). Nonostante il pareggio, l’evento è vissuto come una sconfitta. Al contrario, se la tua squadra pareggia recuperando da un svantaggio di 2 a 1 negli ultimi momenti, quel pareggio sa di vittoria.

In ambito aziendale, le aspettative giocano un ruolo cruciale nella definizione dei nostri successi o fallimenti. Un progetto che raggiunge gli obiettivi previsti potrebbe non essere celebrato adeguatamente se le aspettative erano di ottenere risultati molto superiori. D’altra parte, superare una crisi, anche se ci si riporta solo a uno stato di “normalità”, può essere percepito come un trionfo.

La chiave sta nell’impostare obiettivi realistici. Gli obiettivi devono essere “sfidanti”, ma rimanere raggiungibili per non demoralizzare né creare false speranze. Come gli allenatori di una squadra di calcio, anche chi fa impresa deve saper trovare le giuste motivazioni, gestendo le aspettative in modo che corrispondano alle capacità e alle risorse disponibili.

Valutare i risultati in modo oggettivo è fondamentale. In azienda, come in campo, può essere facile lasciarsi trasportare dalle emozioni immediate di un “pareggio” che può sembrare una “vittoria” o una “sconfitta”. Tuttavia, è essenziale analizzare i risultati con distacco, apprendendo da ogni esperienza per affinare le strategie future.

Come nel calcio, anche nel mondo del lavoro, le sfide devono essere affrontate con una strategia chiara e realistica. Imparare a gestire le aspettative e valutare oggettivamente i risultati può trasformare la percezione delle nostre performance e guidarci verso successi sempre maggiori.

Faccio fatica io stessa a ricordarmi di questo concetto. Per esempio mi capita quando devo far partire un nuovo evento, capire a quale numero di squadre voglio e posso arrivare è importante per far si che il risultato sia poi interpretato in maniera soddisfacente. L’obiettivo non deve essere troppo basso, perché un risultato più alto non verrebbe percepito come un successo (la mia mente direbbe “beh ci mancava solo che non superassi quei numeri”), se l’obiettivo che mi pongo è troppo alto invece, potrei non raggiungerlo e demotivarmi o magari raggiungerlo ma sfatta e senza più le energie per godermi il percorso fatto per arrivarci e per gestire tutto il dopo. L’obiettivo deve essere realistico e misurabile. Sempre. Allora si, la nostra mente sarà appagata e nel giusto mood.

 

 

Un’influenza, ma che sarà mai…

E si… dillo ad un piccolo imprenditore. Ti sfido. Inizierà a farti tutta una sfuriata sul fatto che “se si ammala lui l’azienda chi la porta avanti”, “se la serranda non la solleva lui come incassa”, “se non incassa, come ci paga le bollette, l’affitto, le rate, le tasse, etc”, “mica a lui l’inps gli paga la malattia eh (nonostante lui paghi l’inps)”
E vai a dargli torto… 

 

Forse questo articolo potrebbe concludersi qui, ma entrerò più nel vivo e cercherò di raccontarti (se non lo sei) o di condividere con Te (se invece lo sei) cosa balena nella testa di un piccolo imprenditore quando sente quel brividino che fa presagire l’arrivo di un’influenza.

 

Il primo pensiero è quello della gestione del lavoro, sa bene che tutto è sulle sue spalle e per quanto, in molte situazioni potrebbe mandare un messaggio ai Clienti ed avvisare che l’attività resterà chiusa per 2/3 giorni adducendo motivazioni varie e rimandando appuntamenti e prenotazioni, questa cosa non la farà mai. Non è proprio nel suo mood, perché per fissare quegli appuntamenti e quelle prenotazioni ha investito ore di duro lavoro e non ci pensa proprio a buttare tutto all’aria. 

 

Allora cercherà di organizzarsi come può, attivando una sorta di “protocollo sopravvivenza”. Se è abbastanza strutturato riuscirà a non interrompere l’attività rivedendo i turni dei dipendenti e collaboratori e tutto questo lo fa nel pieno di febbre, brividi, debolezza e sintomi vari. E poi si prepara al lavoro arretrato che troverà quando riprenderà un minimo di forze e tornerà in ufficio. Povero lui.

 

Oggi mentre decido se rischiare una ricaduta, uscendo per riprendermi in mano l’attività scrivo questo articolo, dopo 4 giorni di influenza durante i quali, il problema più grande è stato restare lontana dal lavoro, dalle persone che vedo tutti i giorni, essere mentalmente rallentata perché priva di energie e vedere la to do list non depennata e credetemi, depennare un impegno dalla to do list è una delle cose più soddisfacenti che ci siano per un devoto all’organizzazione e al metodo.

 

Che Dio ce la mandi buona, a noi piccoli imprenditori.

Ah non sei un piccolo imprenditore? Vorresti diventarlo? Io non voglio spaventarti. Voglio solo prepararti al bello ed al brutto. Io non sono stata istruita da nessuno per questo. In questo mondo mi ci sono ritrovata, un po’ per caso, un po’ per incoscienza. Se ci rimango un motivo c’è… ricordi la teoria del “non siamo alberi”? Beh non lo sono neanche io. Potrei chiamare il commercialista oggi stesso e dirgli di chiudermi la p.iva, poi potrei fare 2 chiamate e troverei senza dubbio lavoro da qualche parte (fortunello sarebbe l’imprenditore che mi assume) ma no, questa è la strada che ora voglio percorrere, nonostante le difficoltà. E tu? Stai percorrendo la strada giusta per te?

 

Una vita frizzantina

Questa mattina sono andata al bar. Mentre attendevo il mio caffè mi sono imbattuta in una conversazione tra la barista ed una cliente.
Quest’ultima, ragazza giovane sulla trentina, dice “lo stipendio è buono, ma lavoro moltissimo, certo ci sono persone che lavorano tanto quanto me e non sono neanche pagate abbastanza, però preferirei avere più tempo libero a costo anche di vedere qualcosa in meno in busta paga”.
Ovviamente lungi da me dall’intervenire ed infilarmi in discorsi in cui non sono stata invitata, ma con quanta fatica sono stata zitta.
Perché in quella frase ho notato tante di quelle sfumature da un scriverci un post… ed infatti, eccomi qui.

Analizziamo la frase:

a) lo stipendio è buono

– Ok, fin qui tutto bene, raro sentire al giorno d’oggi questa frase in una città di provincia come la mia.

b) ma lavoro moltissimo

– Mmm, non va bene. Nella mia mente risuona il mantra del “work life balance” e del “non siamo alberi, possiamo spostarci”

c) certo ci sono persone che lavorano tanto quanto me e non sono neanche pagate abbastanza

– E quindi? Ci facciamo andare bene una situazione che abbiamo la potenzialità di migliorare, solo perché a qualcun altro va meno bene? Ma lo sai che anche nel mondo dei ciechi, un orbo è Re? 

d) però preferirei avere più tempo libero a costo anche di vedere qualcosa in meno in busta paga

Eccola, qui ti volevo. Ecco la soluzione. Fare una scelta.

Non credo che questa ragazza sia poi andata dal suo datore di lavoro e gli abbia chiesto un part-time, però quelle poche parole mi hanno dato la conferma di quanto facilmente ci abituiamo a quello che vediamo e viviamo e quanto ci viene poi automatico “farci andar bene una situazione” solo perché intorno a noi c’è chi sta peggio. Il cambiamento è complesso e spostarsi da una situazione che al momento ci da sicurezza per andare verso qualcosa di diverso che potrebbe darci qualche beneficio, modificando un tassello della situazione in cui ci sentiamo “comodi”… spaventa.

Il piccolo/medio imprenditore quella comodità non la conosce, ecco perché mi ribolle il sangue quando vedo che ci si “adagia” pur sapendo che quella condizione non è quella che vuoi… perché sono abituata a vivere nella scomodità. Immagina il piccolo/medio imprenditore (se non lo sei) perennemente in piedi su uno di quei passaggi che si trovano nei parchi avventura, quelli sospesi per aria con le tegole di legno legate da cordicelle che ti fanno ballare e tremare ad ogni passo che fai. Non sai se riuscirai a restare in piedi o se cadrai. 

Eppure è quella la situazione in cui ci piace stare. Anche l’imprenditore che fa questo lavoro per necessità, perché non trova altro, perché ormai è in questo vortice dovrebbe far qualcosa per cambiare, ma se questa condizione ti piace e sai che l’altra faccia della medaglia non è quello che cerchi, allora devi continuare a camminare su quei pezzi di legno. E’ un percorso instabile, impervio e rischioso, ma ti da un senso di libertà, autodeterminazione ed indipendenza che ti rende la vita “frizzantina” al punto giusto.